Quello che provo a dirti

2023
Immagine elaborata digitalmente stampata su carta patinata 18 x 13 cm e posta sottovuoto, dimensione totale 30 x 20 cm

“Una busta sottovuoto grande 20 x 30 cm contiene un’immagine colorata all’apparenza indecifrabile. Isolata ma, allo stesso tempo, circondata da un confine plastico viene inserita dall’artista in uno spazio in apnea, un involucro privo di respiro che crea una distanza per chi guarda. Si tratta della rappresentazione di una porzione di acqua che scorre che viene riscaldata con un editing rielaborando e modificando l’immagine fino a dimenticare il suo aspetto originale. […] Si mostra, in Quello che provo a dirti, la ricerca sull’espressione e sul linguaggio che si contrappone, nelle parole dell’artista, alle emozioni e ai sentimenti. Chiara Ventura concepisce la parola come un mezzo tagliente e potente che lascia spazio a differenti livelli di comprensione per chi la riceve. La parola ha, nel suo immaginario, un andamento che va dall’esterno all’interno, da fuori a dentro e si lega al corpo e alla respirazione. Il linguaggio, al contrario dei gesti e delle emozioni, scotta, sorprende ed è soggetto a fraintendimenti ed ambiguità. Questa riflessione, nei lavori dell’artista, compare con la censura della parola a favore dell’espressione del silenzio e nello studio del corpo, dei respiri e del fiato.

[…] non è facile definire a primo impatto di cosa si tratti, complice l’editing e l’aggiunta di colori che rimandano alle immagini mediche di un tessuto muscolare, una cellula o un organismo visto al microscopio. Lo sguardo è in un primo momento confuso, le suggestioni sono variegate quanto le cromie che trasportano l’immaginazione verso un’iconografia legata ai libri di scienze, alle radiografie e a ciò che sta dentro al nostro corpo. L’opera dà vita ad alcuni paradossi generati dalla combinazione di due elementi dai significati opposti: il contenuto e il contenitore. La raffigurazione di partenza, prima dell’editing, è infatti una porzione di acqua che scorre, si muove ed è per Chiara Ventura simbolo di relazione e scambio. L’immagine viene isolata, bloccando metaforicamente il flusso dell’acqua, in uno spazio dove non si respira e dove gli scambi relazionali o corporei sarebbero compromessi o addirittura impossibili. Anche visivamente, la texture a puntini della plastica della sacca sottovuoto, si mescola con i dettagli e i segni grafici dell’immagine alterandola e invadendola. L’opera manifesta nelle sue fattezze un’impossibilità di espressione, evidente anche nel titolo Quello che provo a dirti che cancella il verbo dire per lasciare spazio al verbo provare. Provare può significare, da un lato, il tentativo di far uscire le parole e dall’altro invece, si lega all’idea di un sentimento che si manifesta liberamente senza censure e cancellature. I sentimenti e le emozioni sono infatti per l’artista profondi e spontanei, al contrario, le parole possono essere controllate e non vanno dette per forza. Curiose sono le radici del verbo provare: la sua etimologia propriamente significa ‘riconoscere una cosa come buona, giusta’ e deriva dal latino probus ‘buono, onesto’.”

da Chiara Ventura non sa dire le bugie, testo critico di Beatrice Marotta

What I try to tell you ¹

2023
Digitally processed image printed on coated paper 18 x 13 cm and vacuum-sealed, total dimensions 30 x 20 cm

“A vacuum-sealed bag measuring 20 x 30 cm contains a seemingly indecipherable coloured image. Isolated yet surrounded by a plastic boundary, the artist places it in a breathless space, a container devoid of air that creates a distance for the viewer. It is the representation of a portion of flowing water, heated and edited to the point where its original appearance is forgotten. […] In Quello che provo a dirti / What I try to tell you, the research on expression and language is presented, contrasting, in the artist’s words, with emotions and feelings. Chiara Ventura conceives words as a sharp and powerful medium that allows for different levels of understanding for the recipient. In her imagination, words move from the outside to the inside, from external to internal, and are linked to the body and breathing. Unlike gestures and emotions, language burns, surprises, and is subject to misunderstandings and ambiguities. This reflection appears in the artist’s work with the censorship of words in favor of the expression of silence and in the study of the body, breaths, and breath.

[…] it is not easy to immediately define what it is, partly due to the editing and the addition of colours that resemble medical images of muscle tissue, a cell, or an organism viewed under a microscope. The gaze is initially confused; the suggestions are as varied as the colours that transport the imagination to an iconography related to science books, X-rays, and what is inside our bodies. The work brings to life some paradoxes generated by the combination of two elements with opposing meanings: the content and the container. The initial representation, before the editing, is a portion of flowing water, which moves and symbolizes for Chiara Ventura a relationship and exchange. The image is isolated, metaphorically blocking the flow of water, in a space where there is no breath and
where relational or bodily exchanges would be compromised or even impossible. Visually, the dotted texture of the vacuum-sealed plastic bag mixes with the details and graphic signs of the image, altering and invading it. The work manifests an impossibility of expression in its features, also evident in the title Quello che provo a dirti / What I try to tell you, which erases the verb ‘dire’ (to tell) to leave room for the verb ‘provare’¹. ‘Provare’ can mean, on one hand, the attempt to let words out and, on the other, it is linked to the idea of a feeling that manifests freely without censorship and erasure. For the artist, feelings and emotions are deep and spontaneous, whereas words can be controlled and don’t necessarily need to be spoken. The roots of the italian verb ‘provare’ are curious: its etymology properly means ‘to recognize something as good, right’ and derives from the Latin probus meaning ‘good, honest’.”

from Chiara Ventura cannot tell lies, critical text by Beatrice Marotta

¹ The title of the work in Italian is Quello che provo a dirti where the phrase ‘a dirti’ (to tell you) is crossed out, leaving just ‘provo’. In Italian, ‘provare’ can mean both ‘to try’ and ‘to feel’, which plays into the duality of attempting to express (to try) and experiencing emotions (to feel).